Lo spirito del blog - La vita: commedia o tragedia?

Questione di inquadrature. La commedia è la vita in campo lungo e la tragedia la vita in primo piano. Se inquadri da lontano un uomo che cammina per strada e scivola su una buccia di banana, è divertente. Ma se ti avvicini, non è più divertente perchè si vede il dolore... Per comprendere la mia vita e quella altrui mi sforzo di osservare sempre attraverso la doppia inquadratura... Così quando prendi qualcosa troppo sul serio riesci magari anche a riderne e a conservare il buon umore... E invece quando prendi qualcosa troppo poco sul serio scopri che devi fermarti e comprenderla...

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martedì 31 marzo 2009

Fame di libri

Il titolo del post è il titolo della mail di un ragazzo di 16 anni che così mi scrive:

"Volevo chiederti se avessi una cura per una malattia che devo ancora scoprire cosa sia; ecco la diagnosi: non riesco a leggere un libro da prima di Natale. Ne avevo cominciato uno proprio nei giorni di Natale, poi all'inizio di marzo me ne hanno regalato un altro e ho lasciato perdere il primo. Però sento che mi manca fermarmi, lasciare tutto per un po' e leggere un bel romanzo... Hai qualche consiglio?"


Malattia. Mi manca fermarmi. Lasciare tutto. Leggere.
Uno dei modi che abbiamo per "origliare" noi stessi è leggere la grande letteratura. Senza letture perdiamo l'orecchio interiore. E chi non si ascolta prima o poi sente nostalgia di sé. Paradossi della lettura: lasciare tutto per trovare tutto.

Terapia: Qualcuno con cui correre di D.Grossman.

***

"Io scrivo. Il mondo non mi si chiude addosso, non diventa più angusto. Mi si apre davanti,verso un futuro, verso altre possibilità. Io immagino. L'atto stesso di immaginare mi ridà vita. Creo personaggi. Talora ho l'impressione di trarli dal ghiaccio in cui li ha imprigionati la realtà. Ma forse, più di tutto, sto estraendo me stesso da quel ghiaccio"
D.Grossman, Con gli occhi del nemico, pp. 48-9

lunedì 30 marzo 2009

Ri-Letture

Rileggo alcune pagine del Don Chisciotte di Cervantes. E forse intuisco meglio la grandezza di questo romanzo. Il segreto è considerare Don Chisciotte e Sancio Panza uno stesso personaggio, o l'uno il miglior conversatore dell'altro: senza l'uno l'altro non è capace di ascoltare sè stesso. Da un lato l'angelo che si nutre delle sue convinzioni teoriche, dall'altro l'animale che non riesce a sollevarsi dal dato sensibile. Separati finiscono inevitabilmente a gambe all'aria. Ci fanno ridere entrambi, e ci fanno ridere entrambi "presi insieme", perché anche noi oscilliamo tra la bestia e l'angelo, e siamo ridicoli tutte le volte che ci sbilanciamo da un lato o dall'altro.
E troviamo pace solo quando accettiamo la bestia e scopriamo che può volare come un angelo.
Per grazia ricevuta.
***
“Giudichiamo che l’uomo sia la cosa più preziosa dell’universo e l’essere più saggio di tutti. Invece egli sta in mezzo tra gli dei e le bestie e inclina verso gli uni e verso le altre: alcuni assomigliano agli dei, altri alle bestie, la maggioranza sta nel mezzo... e occupa quel posto medio che ha scelto" (Plotino, Enneadi)

venerdì 27 marzo 2009

Per antonomasia

Questa figura retorica serve a sostituire un nome proprio con un nome comune che viene elevato a modello e simbolo di quello stesso nome o viceversa: l'Apostolo (per S.Paolo), il divino Poeta (per Dante), un giuda (per indicare un traditore), un dongiovanni (per indicare un corteggiatore spregiudicato).
Ci sono alcune "antonomasie" che non possiamo non prendere in considerazione, con preoccupazione linguistica, non moraleggiante...

La Casa: è un posto dove una serie di personaggi non ben identificati (la maggiorata, il cieco, l'idraulico, il rumeno...) non fanno niente dalla mattina alla sera.
La Fattoria: un tempo era piena di animali ("nella vecchia fattoria..." abbiamo cantato tutti) ora (la nuova fattoria) è piena di uomini, che fanno il verso agli animali e i versi degli animali.
L'Isola: un tempo era Itaca, un luogo dove qualcuno cerca di tornare nella speranza di riabbracciare i propri cari, ora è un posto dove trovi un gruppo di cretini che cercano di diventare famosi, facendo finta (al contrario della Casa) di fare qualcosa dalla mattina alla sera.
Amici: sono persone che, cercando di dimostrare di saper fare qualcosa, si scannano tra loro al ghigno compiaciuto di un terzo (preferibilmente una terza con voce da uomo) che li aizza.
Uomini e donne: sono esponenti del genere umano che si scannano in pubblico al ghigno del già citato terzo, nella speranza di accoppiarsi.

Io ancora a quei nomi associo certe emozioni, certi ricordi, certe presenze. Reali.
Cosa rappresenteranno molto presto sui loro fogli di carta i bambini quando la maestra chiederà loro di disegnare una casa, un'isola, una fattoria, un amico, un uomo, una donna?
Preferiamo il reality alla realtà.
La seconda è così ripetitiva, banale e scontata...

giovedì 26 marzo 2009

Nuove forme d'arte

In metropolitana il mio sguardo è attratto da una pubblicità di un centro di bellezza e fitness.
La trovata per attirare clienti è questa: "Liposcultura della pausa pranzo".
Ci metto un po' prima di capire che non si tratta di una nuova forma di arte contemporanea...
L'immagine che si forma nella mia testa è quella di un mostro che lavora senza posa, mangia compulsivamente tutto quello che riesce a comprare con i soldi che guadagna lavorando. Poi quando sta per esplodere rinuncia eroicamente alla pausa pranzo per farsi estrarre qualche etto di grasso accumulato. Meglio non perdere tempo di lavoro per questa forma d'arte, meglio riempire la pausa pranzo. Il mostro lavora, mangia quando e quanto può e ingrassa. Poi si fa estrarre il grasso nella pausa in cui avrebbe dovuto mangiare. Il ciclo ricomincia. Tutto comodamente seduti: lavoro, cibo, liposcultura...
Sì, senza ombra di dubbio è una forma d'arte contemporanea.
La prossima biennale dovrebbe presentare queste liposculture della pausa pranzo.
La intitolerei "La ricerca della modella perduta".
Sarebbe un successone...

mercoledì 25 marzo 2009

Come la tv vede noi...

Un regista si è "divertito" a filmare i volti di alcuni bambini seduti davanti ad un programma televisivo. Le nostre reazioni sono simili quando stiamo davanti al computer?
Non lo so, so solo che questi volti mi preoccupano...


martedì 24 marzo 2009

Benvenuto nel club!

In attesa di due mamme per un colloquio a scuola. Non arriva la prima. Non arriva la seconda. Mi innervosisco, mi adiro: non c'è più rispetto, si sa, i prof sono una categoria sociale infima, se fosse stato il parrucchiere sarebbero venute puntualissime!
Mi dirigo verso la classe e interrompo la lezione della collega di greco e latino, persona splendida, che mi accoglie benevolmente.
"Sono stato tradito da due donne, in meno di un'ora! Ragazzi ma non dovevano venire le vostre mamme?"
I due alunni incriminati - da che mondo è mondo - delle colpe dei loro padri (anzi delle loro madri), mi guardano in imbarazzo e timidamente:
"Ma prof lei sul libretto ha scritto il 25 non il 24..."
Mi viene il dubbio. Dubbio che si tramuta presto nella certezza della mia incontrovertibile grafia, che decreta la mia autocondanna pubblica.
La collega benevola mi guarda:
"Non ti preoccupare. Dopo una certa età succede. Benvenuto nel club!"

lunedì 23 marzo 2009

Modalità conchiglia

"Sono in modalità conchiglia negli ultimi mesi... non so perché... vivo più dentro che fuori". Così in una mail ricevuta. Un'immagine che mi è piaciuta molto.

Forse non tutti sanno che madre della perla è l'ostrica perlifera la quale in presenza di un corpo (un granello di sabbia...) che la natura o la mano dell'uomo immette in essa, secerne sostanze che andranno, unitamente all'acqua, a posizionarsi (cristallizzarsi) attorno a questo corpo e, con lo svilupparsi in cerchi concentrici, daranno vita alla più preziosa gemma che il mare ci dona: la perla. Sarà madre natura a sbizzarrirsi nel dotarla delle più svariate forme, come quella sferica, subsferica, goccia, bottone, barocca, semibarocca e cerchiata.

Noi siamo un io situato in precise circostanze. Qualcosa di esterno si deposita dentro di noi se lo accogliamo e da questo incontro con la realtà (bella o brutta che ci sembri sulle prime) possiamo dare vita a quella perla unica che è la nostra personalità unita alla realtà che abbiamo accolto. A volte rinunciamo a forgiare la nostra unica e meravigliosa perla per paura di lasciare entrare la realtà e rimaniamo vuoti; a volte invece siamo talmente aperti che tutto ci attraversa e ci passa sopra senza possibilità di fermarsi e di formare la perla, non viviamo al didentro, ma solo in superficie.

A seconda dei periodi privilegiamo una maggiore o minore apertura al mondo esterno, ma solo il giusto equilibrio - di volta in volta da trovare - fra la vita interna e quella esterna è capace di produrre la perla meravigliosa che tutti siamo e cerchiamo...

domenica 22 marzo 2009

Quale personaggio sei?

Su facebook ti arrivano ogni giorno almeno 5 inviti da altri amici a sottoporsi ad un test che risponde ad una identità da scoprire: quale personaggio Disney sei? quale personaggio mitologico sei? quale numero sei? quale personaggio del Padrino sei? quale filosofo sei? quale nuvola sei? quale pianeta sei? quale bacio sei? quale personaggio di Lost sei?
Mi ha colpito che ci si sottoponga a questi test con una certa frequenza (io li rifiuto sistematicamente, per ragioni di tempo). Cosa cerchiamo? Cerchiamo proiezioni di noi stessi, qualcosa che ci rappresenti e ci spieghi chi siamo. Chiaramente si tratta solo di un gioco, ma non tutti i giochi hanno successo e questo è un gioco che ha successo perchè c'è "in gioco" (è il caso di ripeterlo) qualcosa di più. Abbiamo bisogno di vedere la nostra interiorità rappresentata, in modo da poterla far conoscere agli altri e magari sognare di essere qualcosa di più di quello che siamo realmente. Questi test giocano la loro fortuna sul fascino del rappresentare "l'essere" e il "poter/voler essere". Le identità liquide di oggi si frammentano in mille rappresentazioni e assumono maschere in una virtualità emotiva che ci si attacca addosso con piacere. Così siamo contemporaneamente Audrey Hepburn, la Sirenetta, il 5, Epicuro, Venere, Rambo, Bart Simpson, Marte, Aristotele, Nemo...
Forse dovremmo ascoltarci di più, prima ancora che affidarci a un test che ci dica chi siamo.
Ma si tratta solo di un gioco, è chiaro!
O forse no...

venerdì 20 marzo 2009

Mi date una mano?

Un'amica mi ha chiesto un elenco di libri di letteratura (solo) italiana, target 15-30, di qualsiasi epoca. Libri che facciano innamorare della lettura e abbiano qualcosa da dire al cuore dell'uomo assetato di bellezza e realtà, libri di uomini, non di letterati che si lambiccano il cervello e si compiacciono delle proprie parole, libri che ti cambiano la vita o almeno ne ampliano l'orizzonte. Mi date una mano? Non si tratta di fare bella figura suggerendo libri che daremo per scontati (?) come La Divina Commedia o I Promessi Sposi, che poi tanto nessuno ha letto per intero...
Al momento atteniamoci alla prosa. Se vi va copiate un passaggio o motivate la scelta. Se non vi va va bene lo stesso. Non ci sono voti... Io propongo Dialoghi con Leucò, di cui copio un passo che amo:

MNEMOSINE Tu sai che le cose immortali le avete a due passi.
ESIODO Non è difficile saperlo. Toccarle è difficile.
MNEMOSINE Bisogna vivere per loro, Esiodo. Questo vuol dire, il cuore puro.
ESIODO Acoltandoti, certo. Ma la vita dell'uomo si svolge laggiù tra le case, nei campi. Davanti al fuoco e in un letto. E ogni giorno che passa ti mette davanti la stessa fatica e le stesse mancanze...
MNEMOSINE ...non capisci che il sacro e il divino accompagnano anche voi, dentro il letto, sul campo, davanti alla fiamma? Ogni gesto che fate ripete un modello divino. Giorno e notte, non avete un istante, nemmeno il più futile, che non sgorghi dal silenzio delle origini.
ESIODO Tu parli, Melete, e non posso resisterti. Bastasse almeno venerarti.
MNEMOSINE C'è un altro modo, mio caro.
ESIODO E quale?
MNEMOSINE Prova a dire ai mortali queste cose che sai.

(C.Pavese, Dialoghi con Leucò, Le Muse)

giovedì 19 marzo 2009

Coccodè???

Mamme colleghe parlano dei loro bimbi piccoli.
Collegadispagnolo
: "Il mio ripete sempre: "checcodè"...?"
Penso si tratti di una non inusuale imitazione del verso della gallina, uno dei tipici passatempi che i grandi impongono ai bambini sino a sfinirli, con conseguenze sull'identità del bambino che sono ancora tutte da verificare... soprattutto quando la richiesta è "come fa il pesce?". Si vedrà...
Poi però la mamma in questione spiega che il bimbo al momento ha una smodata curiosità per il nome dei colori delle cose e con una certa fatica sono riusciti a capire che non attribuiva il verso della gallina a qualsiasi cosa, animale o persona... ma semplicemente e sinteticamente chiedeva "che colore è?" (checcodè?).
Mi ha fatto pensare...
Quante volte invece di ascoltare una persona interpreto le sue parole e le inserisco in un giudizio previo (pre-giudizio...) che mi sono fatto: insomma sento quello che voglio sentire. Quanto spesso non riusciamo ad entrare in contatto con le persone, perchè cerchiamo solo conferme alle nostre idee su di loro e non ci lasciamo sorprendere.
Solo così la meravigliosa richiesta sul nome di un colore non rischia di diventare il verso di una gallina...

mercoledì 18 marzo 2009

Ti voglio bene... ma siamo sicuri?

Dopo una lunga lezione dedicata alla fenomenologia dell'amicizia della settimana scorsa oggi Alunnasorrisoradioso mi si avvicina, felice...
Io avevo semplicemente spiegato che alla base di ogni relazione vitale, anche quando la relazione è asimmetrica (amici, fidanzati, sposi, genitori-figli, professori-alunni, Dio-uomini...) ci deve essere amicizia. Altrimenti il resto è costruito sul nulla. E ci sono tre tipi di amicizia, i primi due destinati a farla morire e un terzo destinato a farla durare. I primi due tipi di amicizia sono quella basata sul piacere (in senso ampio) e quella basata sull'utile: cerco l'altro perché la sua presenza è funzionale ad altro: un piacere, un utile (sono tuo amico finché mi passi le versioni, finché mi inviti a casa tua con la piscina, finché mi aiuti a fare i compiti...). Insomma l'altro non è il fine ma il mezzo per raggiungere altro. Tutte le relazioni basate sul piacere o sull'utile infatti sono destinate a morire se non maturano. Il terzo tipo di amicizia si basa invece sull'altro come "un altro me". L'altro e la sua vita sono importanti in quanto tali. L'altro è un me stesso fuori di me. La frase che riassume i primi due tipi di amicizia è "mi fai stare bene" (mi servi per il mio bene, raggiunto il quale tu puoi anche sparire), quella che invece riassume la seconda è "ti voglio bene" (sono felice di renderti felice, di fare il tuo bene, anche se dovesse costarmi sacrificio).
Alunnasorrisoradioso dice: "Prof ho riflettutto su quella lezione. E ho lasciato il mio ragazzo. Adesso sono libera".
La vedo felice, felice di una libertà conquistata con un ragionamento semplice che l'ha portata a considerare senza paura una verità, anche se dolorosa. Niente ci rende liberi come un'amicizia vera, niente ci imprigiona come una falsa amicizia...

martedì 17 marzo 2009

Mutazioni e integrità

Di giorno in giorno le "mutazioni" dei miei alunni sono piuttosto evidenti, con il conseguente scombussolamento interiore e lo specchio che può diventare un'ossessione. Ma in fondo lo specchio, di fronte al quale i miei alunni perdono le ore, è segno che qualcosa sta cambiando, non solo fuori, ma anche dentro di loro. Si rendono conto che quello che si vede sulla superficie dello specchio non esaurisce il "chi sono". Lo specchio riflette la superficie, non il cuore. Ed io sono molto di più della mia superficie, ma il sentire la distanza fra la superficie e il "chi sono" provoca paura, solitudine, spaesamento. Niente paura: è una fase di passaggio e come tutte le fasi è destinata a finire. Una fase che richiede molto coraggio: il coraggio di non chiudersi in bagno davanti allo specchio, ma di affrontare la realtà e scoprire, grazie alla realtà stessa (genitori, familiari, amici, amori, passioni, studio, impegno, interessi...), quale unica, irripetibile, meravigliosa storia sono venuto a raccontare... Se non scopro me stesso (chi sono e che talenti ho), non potrò raccontare niente a nessuno, e mi farò prestare la mia storia da qualcun altro, da quello che gli altri vogliono vedere. E chi fa così è una preda. Questo è ciò di cui avere paura!

Al riguardo mi è tornato in mente un pezzo di Persepolis: protagonista è una ragazza iraniana alle prese con le mutazioni, ma che ricorda la sua cara nonna e ciò che le ha insegnato...


lunedì 16 marzo 2009

Perfettamente quotidiano

Oggi è stato tutto così perfettamente quotidiano che non ho niente di speciale da raccontare. Lezioni a scuola. Un incontro con un amico. Una partita a squash con un altro amico. Una riunione a scuola con alcuni colleghi. Adesso (dopo il quotidiano post su Shit City per rifiatare) la preparazione di un compito per domani e la correzione di alcuni compiti di recupero. Poi un bel libro e nanna. Insomma tutto perfettamente quotidiano, con quella pericolosa minaccia della noia che fa sempre capolino sul "perfettamente quotidiano". Ma io non mi sono annoiato per niente. Amo quello che ho la fortuna di fare. Qualcuno mi accompagna.
***
"Nulla, mi raccomando, dovete dimenticare. E cosi rendete grazie al Cielo per le Chiese, i villini, la gente ordinaria, le pozzanghere, le pentole e i tegami, i bastoni, i cenci, gli ossi, e le tende a pallini". "Sta bene, sta bene" ripeteva la vittima disperata "bastoni, cenci, ossi, tende". "Tende a pallini, mi pare di avere detto".
G.K. Chesterton, Le avventure di un uomo vivo

sabato 14 marzo 2009

La Casa di Piccoli Cubi

Quando la casa è la rappresentazione fisica di una vita. Malinconico, ma bellissimo.

venerdì 13 marzo 2009

Corsi di recupero

Tra le amenità che un professore può scegliere per passare i suoi pomeriggi oggi ci sono i corsi di recupero. Due ore di latino o greco per risvegliare i cervelli assopiti di alcuni ragazzi che non arrivano alla sufficienza. Mi ritrovo con i miei 15 alunni assetati di sapere alle ore 15. Hanno finito le loro sei ore di lezioni alle 14. Hanno ingurgitato qualche schifezza da McDonald e adesso eccoli qua, con gli occhi sbarrati in preda alla digestione ciclopica tipica di McDonald e un "abbiocco" di proporzioni colossali, alle prese con la traduzione dal greco o dal latino. Io che sono più "abbioccato" di loro cerco di aiutarli a destreggiarsi nei meandri di quella strana attività che è la traduzione da una lingua morta. Ne combinano di tutti i colori. Altrimenti non avrebbero bisogno del recupero. La traduzione dal greco o dal latino è una specie di laboratorio per la vita reale. La soluzione di un problema difficile, che richiede competenze varie e complesse, come quasi nessun altro esercizio scolastico. La primavera fuori impazza, gli ormoni dei miei ragazzi si agitano come in un frullatore. A fatica conquistiamo una riga dopo l'altra. Il sudore scorre sulla fronte. Sguardi truci di vendetta sui loro volti. E tutti, tutti, vorremo fuggire nell'azzurra primavera che fuori grida...

Così è e sarà nella vita. Fuggire dal problema o mettersi sotto e cercare la soluzione con tutte le risorse a disposizione?

giovedì 12 marzo 2009

Di chi è la colpa?

Ho proposto un tema che prendeva spunto da un articolo di Alberoni apparso sul Corriere, nel quale si suggeriva una moratoria di due mesi all'anno da internet, chat, ipod... per i giovani, che altrimenti diventano incapaci di rapportarsi alla realtà e di creare dall'interno, come si diceva nel post precedente. Mi ha colpito la veemente risposta degli alunni nei loro scritti. Ecco alcuni passi significativi che mi hanno fatto riflettere:

"Se ci deve essere però una disintossicazione dai mezzi multimediali, dovrebbero seguirla sia giovani che adulti. Quelli che hanno da ridire sulla tecnologia e sulla comunicazione, infatti, sono i primi ad usare internet per ore e a vivere in simbiosi con il telefonino. Per questo il motivo della nostra dipendenza è semplice: i nostri genitori fanno altrettanto.
Noi non abbiamo il potere di decidere come essere cresciuti. Quindi sarà davvero colpa nostra se vogliamo evadere dalla realtà?".

"E' l'invidia che provano gli adulti che li porta a diffamare la nostra immaginazione. Non riescono a distrarsi, non hanno tempo e nemmeno voglia di provare. Ma in fondo, quando non li vediamo, sono i primi a voler scappare, solo per qualche minuto, dalla realtà e provano invidia; rimpiangono i tempi in cui anche loro, quando potevano, se ne fregavano del mondo".

"Una moratoria periodica? No, non cambierebbe le cose. Anche senza internet, cellulari e discoteche, i giovani sono talmente creativi, da potersi divertire lo stesso. Una soluzione? Cercare di far placare le acque tra figli e genitori e far capire a questi ultimi che quando si dà alla luce un figlio, bisogna assumersi le proprie responsabilità. Un figlio è un essere vivente che prova emozioni e sentimenti e, se viene lasciato a se stesso, cadrà in un vortice nero dal quale sarà difficile tirarlo fuori".

mercoledì 11 marzo 2009

Creare dall'interno

Ci siamo addentrati in questo territorio misterioso che è il cuore. I commenti ricevuti qui e su facebook mi hanno fatto riflettere. Le persone percepiscono il cuore come un baratro che provoca vertigine: paura e attrazione allo stesso tempo. Diceva Chesterton che "la gente è inondata, accecata, resa sorda e mentalmente paralizzata da un'alluvione di volgare e insipida esteriorità, che non lascia tempo per lo svago, il pensiero o la creazione dall'interno di sé". Creare dall'interno. Questa è la strada per coltivare questo terreno a volte arido, a volte allagato, che è il cuore, per renderlo terreno fertile. Qualcuno parlò del cuore paragonandolo a vari tipi di terreno, più o meno capaci o incapaci di accogliere il seme che lo renderà uno splendido campo. Forse per questo non riusciamo a fare a meno della metafora dello spazio parlando del cuore. Ma che vuol dire creare dall'interno? Ogni artista lo sa: o crea dall'interno o ripete luoghi comuni. Creare significa fare dal nulla. Ma l'uomo, artista della sua vita, non crea dal nulla. L'uomo crea a partire da qualcosa, o meglio, da qualcuno. In questo caso si tratta di scendere al centro di questo luogo e chiedersi cosa c'è e cosa vorremmo che ci fosse. Solo a partire da questo si potrà cominciare a costruire qualcosa. La prima domanda rimane: cosa c'è qua dentro, cosa vorrei che ci fosse? Cosa mi sta a cuore? Per cosa vivo o per cosa vorrei vivere?
Questa ricerca richiede silenzio e dialogo. Non è una contraddizione. Silenzio esteriore, dialogo interiore. Solo nel proprio intimo si scopre sè stessi, e se poi si ha la fortuna di scoprire che Dio è più intimo a me di me stesso (come diceva S.Agostino: intimior intimo meo), allora, oltre a prendere un bel respiro di sollievo (perchè la solitudine vera è piena di compagnia), non solo creeremo qualcosa di umano, ma si avrà la possibilità di creare qualcosa di divino...

martedì 10 marzo 2009

Che fai o chi sei?

C'è un posto dove avvengono veramente le cose, anche se le cose avvengono comunque. Anche senza di noi.
Avvengono continuamente fuori di noi, che le causiamo o no: il giorno, la notte, la scuola, il lavoro, il sonno, la veglia... Insomma la vita dell'orologio, quella esterna. Quella che ti consente di dire a che ora hai fatto o ti è accaduta una certa cosa. Si può vivere tutta la vita di questa vita. Esterna.
Ma c'è un luogo dove le cose avvengono davvero. Un luogo in cui si scopre la verità, la bellezza, il bene. Un luogo in cui si fanno scelte, si prendono decisioni e responsabilità. Da quel luogo nasce la parola IO: io sono.
Io faccio o mi accade è l'esterno. Io sono è l'interno.
Per usare il verbo essere bisogna dare spazio a quel luogo, saperlo coltivare e abitare. Senza quel luogo IO FACCIO LE COSE o LE COSE MI ACCADONO. E basta.
Invece IO SONO. IO SONO grazie a quel luogo.
Quel luogo si chiama cuore. Un uomo, una donna "senza cuore", fanno cose "senza cuore".
Eppure spesso chiediamo agli altri: e tu che fai nella vita? Come se quel "fare" fosse il centro.
E invece dovremmo chiedere: e tu chi sei nella vita? Cosa ti sta a cuore?
***
E quando poi davanti a te si apriranno tante strade e non saprai quale prendere, non imboccarne una a caso, ma siediti e aspetta. Respira con la profondità fiduciosa con cui hai respirato il giorno in cui sei venuta al mondo, senza farti distrarre da nulla, aspetta e aspetta ancora. Stai ferma, in silenzio, e ascolta il tuo cuore. Quando poi ti parla, alzati e va dove lui ti porta.
Susanna Tamaro, Va' dove ti porta il cuore

lunedì 9 marzo 2009

Paradossi della lettura

Mi sono imbattuto nella storia di Jacques Fesch, un ragazzo francese, un ragazzo come tanti. Benestante, svogliato, ha sempre condotto una vita fatta di desideri materiali e poco più: macchine, donne, viaggi. Dilapida il patrimonio familiare e si riduce a rubare, fino a commettere un omicidio quasi involontario durante una rapina.
Incarcerato e condannato a morte comincia a leggere. Divora libri.
Strano a dirsi, lui che non aveva mai voluto studiare e vagava libero con la sua mente durante le ore scolastiche. attraverso la lettura comincia a conoscere la vita: i caratteri, le passioni, i desideri, le possibilità di abiezione e di salvezza, la grandezza e la miseria del cuore umano. Legge perfino la Divina Commedia. Ritrova Dio.
"Ho fatto il conto quest'anno" - scrive alla moglie - "di aver divorato duecentocinquanta libri, senza contare le riviste o altro. Non c'è male. Ancora due o tre anni e sarei una biblioteca ambulante".
Si accorge di un terribile paradosso: ha avuto tra le mani la vita reale e ha vissuto di fantasie effimere; ora ha tra le mani la vita altrui - sia pure raccontata - e comincia a comprendere la realtà. Ricorda il tempo sciupato a scuola - quando credeva che libri e letture non servissero a nulla, perchè aveva fretta di vivere - e si accorge che proprio allora con la sua indolenza e passività, col suo rifiuto della scuola, aveva cominciato a distaccarsi dalla vita.
Viene ingiustamente giustiziato dopo tre anni di carcere all'età di 27 anni (1957), muore pentito e sereno, felice di avere trovato Dio e il senso della sua vita: tra le sbarre.

Mi ha colpito il paradosso testimoniato da questa vita: chi legge entra nella realtà, chi non legge ne fugge. Un uomo libero che costruisce una prigione con la sua libertà senza direzione, un uomo in prigione che trova la vera libertà. Solo chi coltiva la propria intimità e le dà spazio scopre il luogo in cui: si fanno le scelte decisive, si respira la vera libertà, si scopre il senso della vita.

domenica 8 marzo 2009

Guardami

Guardami.
ho paura.
Di cosa?
della verità
Guardami...
Cosa vedi?
me stesso.
E hai paura?
sì.
Guardami ancora...
Cosa vedi?
me stesso.
E basta?
me stesso... amato.
E hai paura?
non più.
Guardami.

venerdì 6 marzo 2009

Virtuale VS Reale?

Avverto una diffusa paura negli adulti di fronte a strumenti come la chat e Facebook. Vengono spesso bollati come strumenti di fuga dalla realtà. Il virtuale diventa presto sinonimo di demoniaco. Ma attenzione "virtuale" non è opposto di "reale" (il cui opposto è "possibile"), ma di "attuale".
Facciamo un esempio.
Io ipotizzo che oggi prenderò un caffè con Annibale. Questa è una chiacchierata "possibile." Se effettivamente ci vedremo e sentiremo il sapore, l'odore, il calore del caffè la nostra chiacchierata sarà "reale". Se io questa chiacchierata me la immagino e basta, essa rimane possibile. E posso rinchiudermi talmente nel possibile da considerarlo reale: se dico "oggi ho visto Annibale!" e non è vero, ho dei problemi da curare in altra sede...
Ma se io mi trovo su MSN o su Facebook a chiacchierare con Annibale la mia chiacchierata con lui non è semplicemente "possibile", ma è "reale" (purchè io mi impegni ad essere me stesso su facebook e msn, ma anche se non fosse così, la mia chiacchierata sarebbe reale, benchè falsa). Questa chiacchierata "virtuale" è tale perché non coinvolge tutta la mia persona e rimanda ad una chiacchierata "attuale", in cui ci sarà questa totalità. Una chiacchierata "virtuale" è "reale", ma coinvolge parti diverse di realtà rispetto alla chiacchierata faccia a faccia (che può essere anche quella virtuale se io sono presente con il corpo, ma con la testa sto da un'altra parte...). Il rischio qui può essere quello di rimanere a questo livello di realtà che non è tutta la realtà (se io sto con i miei amici solo su Facebook ho anche in questo caso bisogno di una pedata...), ma pur sempre di realtà si tratta.
Allora niente paura di Facebook e chat (malintenzionati a parte che ci sono anche per strada, anzi per strada sono più pericolosi perchè "reali") se diventano un trampolino verso la realtà tutta intera. Da quando uso Facebook (e chat annessa, anche se raramente), le mie chiacchierate attuali e reali si sono moltiplicate. Se il virtuale diventa spinta e trampolino per il reale è una risorsa in più, l'importante è non ridurre la pascina al trampolino. Sarebbe come credere di saper nuotare per averlo letto su un libretto di istruzioni, ma non essersi mai tuffati nell'acqua alta da quel benedetto trampolino. C'è una bella differenza...

E poi gli adulti non stavano ore al telefono quando avevano l'età dei loro figli?
Forse che le chiacchierate al telefono non sono altrettanto virtuali?
Forse non ci sono genitori le cui chiacchierate con i figli a tavola sono solo virtuali?

giovedì 5 marzo 2009

Tu, al cento per cento

"Sai a cosa pensavo mentre cantavi?" disse Shelly con tenerezza. "Che a te tutto viene da dentro, dal profondo. No, davvero... E' da un po' che ti tengo d'occhio e me ne sono accorta. Tutto quello che dici o fai, persino quando guardi qualcuno e parli, sei sempre tu, al cento per cento. Mentre io, guardami: faccio un sacco di pose... No, non dire niente... Imito Rita, Whitney Houston, Zehava Ben... Chiunque altro, pur di non essere me stessa..."
D.Grossman, Qualcuno con cui correre, p.269

A volte mi fa soffrire vedere nei miei alunni delle pose evidentemente non loro: modi di dire, di fare, di essere che gli si incollano addosso come maschere mal aderenti alla loro identità. Ma ci sta. La loro è l'età in cui si prendono pezzi di altri per provare come stanno, per insicurezza e poi, a poco a poco, si trova la propria strada. Ma mi fa ancora più soffrire quando vedo adulti agire così, per non parlare di quando sono io a farlo.
Dove sei?
Camaleonti che mutano pelle per sopravvivere, non per vivere. Superfici corporee che mutano vorticosamente. Azioni, parole, sguardi che nascono da strati sottocutanei e non dal cuore.
Quando ogni nostro atto, anche uno sguardo, manifesta noi stessi al cento per cento?
Da quali profondità deve nascere?
Quale il segreto di questa sorgente da cui tutto sgorga puro?

ps. fatevi un favore: leggete quanto prima il libro citato!

mercoledì 4 marzo 2009

Foto di classe

Si consuma all'improvviso. Ti ruba quasi un'ora intera. Ti coglie impreparato. I ragazzi no. Loro si preparano da una settimana. Elegantissimi. Le ragazze truccate e bellissime. Tu invece sei sempre vestito nel modo più inadeguato possibile: una polo e un maglione a righe colorate... E così finirai nell'annuario: per sempre. Chi guarderà la foto ti scambierà per uno dei ragazzi, uno dei peggiori, e si chiederà: ma dove è il professore in questa foto? La odio. Non ci posso fare niente: da quando sono stato cacciato da una collega dal bagno dei professori, il mio primo giorno di scuola da insegnante, so che, finché non sembrerò "vecchio", non sarò mai considerato un professore sul serio...

E poi vieni sempre con quella faccia da ebete, con il sorriso finto. Bisognerebbe fare una foto di classe in cui ognuno fa quello che gli pare: smorfie, gesti scomposti, di spalle. Insomma non una foto di scuola risorgimentale... Maledetta foto di classe. Un rito a cui non mi abituerò mai.

Anche se un giorno guardando quella foto mi prenderà la nostalgia del tempo andato, degli alunni divenuti uomini e donne, di odissee lette ad alta voce, di lacrime asciugate, di sorrisi entusiasti, di vite che ti passano attraverso e lasciano un segno indelebile, perché, in qualche modo, le hai vissute tutte...

martedì 3 marzo 2009

Lo sai che...

...mentre stai perdendo tempo a leggere questo post c'è un amico o un'amica che ha bisogno di te, fosse anche solo una telefonata.
Sì, proprio così.
Sicuramente già sta affiorando il suo volto e allora non farai in tempo a finire di leggere che dovrai comporre il numero oppure uscire di casa e andare a trovare l'amico o l'amica di persona.
A sorpresa. Gratuitamente.
E scoprirai che non c'era niente di più importante da fare questo pomeriggio.
E un giorno questa persona ti ricorderà così, con un sorriso grato.
Uno che amava gratis. A sorpresa. Uno che ti ricordava che era bello che tu fossi al mondo e che senza di te il mondo sarebbe stato veramente povero.

ps. le cose invece non sorridono come le persone e possono sempre aspettare...

lunedì 2 marzo 2009

La regola del Porco

Tema in classe.
Sulla bacheca della classe campeggia una simpatica faccia di maiale disegnata a mano. Sotto di essa a caratteri cubitali è disegnata "la regola del P.O.R.C.O", ideata da Beppe Severgnini, da ricordare quando si scrive qualcosa. Splendida iniziativa di Alunnamillecolori in occasione del tema.
C'è sempre da imparare...
Eccola qui:

Pensa
Organizza
Rigurgita
Correggi
Ometti

domenica 1 marzo 2009

Trieste è...

...un treno puntuale sospeso sul mare
...una piazza elegante come una signora d'altri tempi
...una nera cioccolata in compagnia di Claudio Magris
...un bianco castello imperiale appoggiato su un mare trasparente
...un'audace lingua di pietra su cui passeggiare sospesi sul mare
...una città vecchia di vicoli stretti e dissestati
...una passeggiata con Joyce, Svevo e Saba
...una barca a vela sospesa nel nulla di un cielo lattiginoso come il mare
...un gruppo di amici dal calore familiare
...una poesia che ho sempre amato e che finalmente ha profumi, colori, volti:

Città Vecchia

Spesso, per ritornare alla mia casa

prendo un’oscura via di città vecchia.

Giallo in qualche pozzanghera si specchia

qualche fanale, e affollata è la strada.

Qui tra la gente che viene che va
dall’osteria alla casa o al lupanare,
dove son merci ed uomini il detrito
di un gran porto di mare,
io ritrovo l’infinito
nell’umiltà.
Qui prostituta e marinaio, il vecchio
che bestemmia, la femmina che bega,
il dragone che siede alla bottega
del friggitore,
la tumultuante giovane impazzita
d’amore,
sono tutte creature della vita e del dolore;
S’agita in esse, come me, il Signore.

Qui degli umili sento in compagnia
il mio pensiero farsi
più puro dove più turpe è la via.

U.Saba, in Trieste e una donna (1910-1912)