Lo spirito del blog - La vita: commedia o tragedia?

Questione di inquadrature. La commedia è la vita in campo lungo e la tragedia la vita in primo piano. Se inquadri da lontano un uomo che cammina per strada e scivola su una buccia di banana, è divertente. Ma se ti avvicini, non è più divertente perchè si vede il dolore... Per comprendere la mia vita e quella altrui mi sforzo di osservare sempre attraverso la doppia inquadratura... Così quando prendi qualcosa troppo sul serio riesci magari anche a riderne e a conservare il buon umore... E invece quando prendi qualcosa troppo poco sul serio scopri che devi fermarti e comprenderla...

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domenica 1 giugno 2008

Contro la perfezione

Prof 2.0 ha scoperto che gli indiani navajo di proposito lasciano sempre nei loro tappeti e in altri manufatti una tenue imperfezione, un punto di più o un grumo di argilla, per non mettersi in competizione con gli dei. Gli è così tornata in mente una canzone (aggiunta nell'ipod) suggerita da una cittadina di Shit City, dal titolo Costruire: ...ma tra la partenza e il traguardo / nel mezzo c'è tutto il resto / e tutto il resto è giorno dopo giorno / e giorno dopo giorno è / silenziosamente costruire / e costruire è sapere / e potere rinunciare alla perfezione...
E siccome un pensiero tira l'altro è riaffiorato il passo di quel libretto straordinario e anonimo Sul sublime, che riteneva fonte di bellezza sublime la calda grandezza, ricca di imperfezioni (e quindi tutta umana), di Omero e della Bibbia, piuttosto che la fredda impeccabilità di altri autori, che si perdono in minuzie, e che infatti non leggiamo...

Perfectum è una specie di superlativo del verbo fare, ciò che è portato a termine fino in fondo. Potremmo dire fattissimo se non suonasse ambiguo... Quel fondo da raggiungere (purchè questa non diventi una scusa per coprire la propria mancanza di impegno) a volte è imposto da canoni che stranamente nessuno mette mai in discussione, ma che spesso sono disumani: la donna perfetta è/ha..., l'uomo perfetto è/ha..., il lavoro perfetto..., la casa perfetta..., il marito perfetto..., la moglie perfetta..., l'amore perfetto..., l'amico perfetto..., il vestito perfetto..., la serata perfetta..., la festa perfetta...
La perfezione è dono, altrimenti diventa condanna. Come avviene per le opere d'arte, che la raggiungono inaspettatamente, attraverso le imperfezioni della materia che resiste: la pietra, i colori, le parole...
La loro perfezione infatti è grazia, che supera le imperfezioni di quella pietra, di quel colore, di quelle parole e che misteriosamente brilla grazie a quella pietra, quel colore, quelle parole... quella carne, se l'opera d'arte è la vita!

domenica 25 maggio 2008

La banalità del male

Prof 2.0 sa che a Shit City ci sono cittadini di tutti i tipi. Uno di loro ha deciso di scrivere sui muri di questa città alcune bestemmie. E non solo sui muri di questa città, ma su quelli di altre città gemellate con Shit City. Non c'è da stupirsi. C'è chi si annoia, c'è chi cova rabbia, c'è chi non sopporta la felicità altrui e ha bisogno di scriverlo sui muri che odia il mondo. Chissà che adrenalina dà scrivere bestemmie sui muri di Shit City. Anche se devo dire dà molta più adrenalina costruire anzichè distruggere, sebbene la prima attività sia più faticosa e quindi non da tutti. Prof 2.0 è quindi costretto a riflettere sulla presenza del male (non la bestemmia in sè, ma "il voler distruggere consapevolmente") a Shit City: male relativo all'azione, non alla persona che lo compie, che se Prof 2.0 potesse affronterebbe a tu per tu con grande serenità, perchè chi fa il male è un uomo come tutti e quindi non fa nessuna paura, anche se è armato; ma come detto qualche post fa chi agisce per distruggere è rigorosamente anonimo, dato che sotto sotto si vergogna della sua identità.
Il male per quanto male faccia è pur sempre banale. Una grande filosofa ebrea ha scritto anche un libro in merito e da qualche parte diceva, a proposito degli aguzzini nazisti:

“Quando io parlo della “banalità del male”, lo faccio su un piano quanto mai concreto. Eichmann non era uno Iago né un Macbeth, e nulla sarebbe stato più lontano dalla sua mentalità che “fare il cattivo” – come Riccardo III – per fredda determinazione. […] Non era uno stupido; era semplicemente senza idee (una cosa molto diversa dalla stupidità), e tale mancanza d’idee ne faceva un individuo predisposto a divenire uno dei più grandi criminali di quel periodo. […] Quella lontananza dalla realtà e quella mancanza d’idee possono essere molto più pericolose di tutti gli istinti malvagi che forse sono innati nell’uomo”.
H.Arendt, La banalità del male

Non è il male che fa paura. Non gli istinti malvagi, che abbiamo tutti. No. A far paura sono la mancanza di idee e la lontananza dalla realtà, che rendono più facilmente predisposti a diventare strumenti di forze esterne a volte cieche o impersonali: il gruppo, le mode, la rabbia, la noia...
Chi pensa e prova a conoscere la realtà fa più fatica a fare il male.
Grazie anonimo arrabbiato, questo post è merito tuo.
Non sei stupido. Semplicemente ti mancano idee.