Lo spirito del blog - La vita: commedia o tragedia?

Questione di inquadrature. La commedia è la vita in campo lungo e la tragedia la vita in primo piano. Se inquadri da lontano un uomo che cammina per strada e scivola su una buccia di banana, è divertente. Ma se ti avvicini, non è più divertente perchè si vede il dolore... Per comprendere la mia vita e quella altrui mi sforzo di osservare sempre attraverso la doppia inquadratura... Così quando prendi qualcosa troppo sul serio riesci magari anche a riderne e a conservare il buon umore... E invece quando prendi qualcosa troppo poco sul serio scopri che devi fermarti e comprenderla...

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martedì 13 ottobre 2009

Epica scolastica

Quando alle 14 suona la campana, loro escono.
Tu rimani solo in aula, con l'eco dei loro saluti tintinnanti che ancora rotolano contro le pareti.
Arrivederci prof!
Qualche segno sul registro per relegare la burocrazia a ciò che si merita: il tempo di recupero.
I banchi sono vuoti, scomposti quel tanto che basta a farli sentire ancora vivi della vita indomita di chi li ha occupati per sei ore.
Tu li guardi: sineddoche di un altro giorno di scuola finito, come lo sono i remi inerti per la nave.
C'è silenzio. Un silenzio riempito da un'eco profonda, che rimbomba quasi più forte delle loro voci, delle loro risa, delle loro paure.
Un'aula vuota subito dopo le lezioni non appartiene all'elegia. Non ha malinconia.
Appartiene al genere epico. Quel che resta in aula sono i segni di una vittoria.
Una battaglia è stata vinta, ma la guerra è ancora lunga.
La scuola è epos, come l'Iliade e l'Odissea.

martedì 15 settembre 2009

Un gigante mingherlino

Padre Puglisi insegnava religione nella mia scuola, ma non era mio prof. Lo vedevo spesso, con il suo clergyman nero. Faceva effetto: un sacerdote vestito da sacerdote. Minuto, con i suoi radi capelli bianchi e un sorriso pacifico. Ti guardava negli occhi, dentro agli occhi, e sorrideva. Con quel sorriso ti voleva bene, come sa fare chi ti sorride con il sorriso di Dio. Questo è il ricordo che ne ho. Ero liceale. Mi chiedevo cosa potesse mai fare un sacerdote così minuto con un branco di liceali della scuola pubblica, per lo più lontani da Dio. Mi immaginavo che se lo sbranassero in classe.

Solo dopo ho scoperto che era un gigante di fede e coraggio, capace di cambiare la vita delle persone anche le più difficili. E pagò con la vita il 15 settembre del 1993.

Avevo solo 16 anni, ma fu chiarissimo, quando non lo vidi più per i corridoi della scuola, che il testimone era passato a noi.
Adesso toccava a noi sorridere in quel modo.

"Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici"
Così hanno scritto sulla sua tomba.

giovedì 16 ottobre 2008

Sono stufo, ma felice!

Sono stufo del giornale che mostra la famiglia come luogo di nefandezze e omicidi inspiegabili. Sono stufo perché per ognuno di questi casi ce ne sono almeno 100 di famiglie che, seppur con i loro limiti, sono unite e forti. Ma nessuna di queste 100 viene mai raccontata.
Sono stufo della paura che la tv incute nei ragazzi, risucchiando le loro speranze nel futuro e costringendoli a considerare solo il momento presente, perché tanto il mondo ti sta aspettando solo per devastare le tue illusorie speranze (ammesso che tu abbia trovato il coraggio di coltivarle...).
Sono stufo di Galimberti che vende libri scopiazzati, senza citare i colleghi dai quali attinge, e ripete che la ricerca di senso è un concetto religioso del tutto inutile.
Sono stufo di Ozpetek e dei suoi film in cui nell'ultima scena il padre uccide i due figli piccoli, come se non bastasse la cronaca più nera.
Sono stufo della De Filippi che fa passare per profondità il litigio costruito ad arte.
Per questo tutti i giorni entro in classe e faccio la mia stupida e inutile battaglia, contro questi giganti che hanno migliaia e migliaia di spettatori.
E se guardo a questa foto dei miei genitori, che sorridono così dopo più di 40 anni di matrimonio, se guardo questa foto che oggi mio papà mi ha mandato, capisco perché questa battaglia non la abbandonerò mai e riempirà di senso (e non del "con-senso" delle folle) la mia vita. Perché questo sorriso è possibile ed è di chi per una vita ha costruito e realizzato speranze.