Lo spirito del blog - La vita: commedia o tragedia?

Questione di inquadrature. La commedia è la vita in campo lungo e la tragedia la vita in primo piano. Se inquadri da lontano un uomo che cammina per strada e scivola su una buccia di banana, è divertente. Ma se ti avvicini, non è più divertente perchè si vede il dolore... Per comprendere la mia vita e quella altrui mi sforzo di osservare sempre attraverso la doppia inquadratura... Così quando prendi qualcosa troppo sul serio riesci magari anche a riderne e a conservare il buon umore... E invece quando prendi qualcosa troppo poco sul serio scopri che devi fermarti e comprenderla...

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martedì 15 luglio 2008

Identità ristrette

A Londra con un gruppo di quindicenni. Dopo una prima parte della scorribanda insieme, il gruppo decide di dividersi in due. Una parte andrà a visitare la National Gallery (un posto con quadri immortali di Leonardo, Piero della Francesca...) e l’altra a fare shopping in giro per le vie più cool della città. A Prof 2.0 tocca accompagnare il secondo gruppo, assetato di marche e gadget. Primo obiettivo da raggiungere un famoso negozio di abbigliamento, presente solo in tre città del mondo. Avere una maglietta di questo marchio significa essere parte di una elite. Il luogo è una vera e propria esperienza esistenziale. Non ci sono nomi o insegne. Un palazzetto anonimo al cui interno avviene la magia. Pareti nere, un profumo delicato che pervade ogni stanza, musica disco e commessi usciti dalle copertine di una rivista di moda. Se vuoi essere qualcuno devi comprare una maglietta qui. E il negozio è pieno di gente con pile di indumenti da provare, con occhi che brillano di identità ritrovate. La coda per pagare si aggira attorno ai 30 minuti. Quella per provare il doppio… Prof esce. Non avrebbe comprato nulla, anche solo per la fila. I quindicenni escono trasformati, un supplemento di identità gli si è stampato addosso. Un surrogato di anima che li rende più forti, felici, capaci di essere. I venditori di identità fanno soldi a palate. I quindicenni in cerca della loro le comprano volentieri. Prof 2.0 alla loro età era tale e quale. Per certi versi è rimasto tale e quale e per questo li capisce. Ma sa bene che questo non basta ad essere sè stessi, soprattutto se poi la maglietta-identità si restringe dopo il primo lavaggio...

lunedì 14 luglio 2008

Superficialità 2

Il superficiale sente male la realtà.
Fino a che punto ne è responsabile? Questione di età. Non ha colpa se chi aveva il compito di educarlo non ha avuto la capacità di aiutarlo in questo viaggio. A proposito cito un commento illuminante di mamma E.R. al primo post sulla superficialità:

Ai giardini pubblici due bambini giocano. Uno si mette a piangere e l'altro che lo guarda stupito non comprendendo il senso di quel pianto, chiede spiegazioni alla mamma che gli dice: "forse vorrebbe il tuo giocattolo"e lui all'improvviso glielo porge. Il primo bambino si acquieta, l'altro ora deve fare i conti con questa nuova sensazione, da una parte le sue mani vuote e dall'altra il desiderio di riappropriarsene con un gesto prepotente, non sa tenere insieme i due desideri. In questo frangente una mamma può aiutare il figlio a capire la complessità della realtà oppure ha la possibilità di restare alla superfice di essa, se alla prima domanda sul pianto risponde: non lo so, affari suoi. Ecco la perfetta legge dell'estraneità che ci fa restare sempre alla superfice delle cose e di noi stessi.

I bambini e gli adolescenti sono per natura superficiali. Cominciano a conoscersi partendo dalla superficie e giocano tutto sulla superficie. Solo gradualmente scoprono la propria profondità e quindi identità. Ma se gli educatori non li aiutano in questo viaggio al centro della terra, incoraggiandoli a scoprire e far fiorire i propri talenti, i giovanissimi andranno coerentemente alla ricerca della profondità attraverso la superficie. Così cercheranno di raccontare la loro identità profonda esclusivamente in superficie, attraverso la sperimentazione (aspetto, piercing, tatuaggi...) e il prestito di identità attraverso i marchi: tutte forme di racconto, che gradualmente dovranno essere sostituite dalla narrazione della propria identità a partire dalla conoscenza di sé e della realtà. Per potere dire "io" occorre raggiungere quel luogo profondo in cui questa parola nasce e a ha senso. Come fare? Senza quel luogo si potranno dire molteplici "io" presi in prestito e dislocati sulla superficie del corpo come una specie di affresco. A che prezzo?
(CONTINUA)