Ecco alcuni passi di una bellissima lettera che una giovane docente ha scritto recentemente alla sua professoressa del liceo, dimostrando che tutto quello che seminiamo prima o poi darà frutto... Anche dopo 20 anni!
Cara professoressa X,
si ricorda di me? Sono Y.Z., sono stata sua alunna presso il Liceo Scientifico di *** se non ricordo male nell’anno ’88-’89.
Ho recuperato il suo indirizzo cercando in Internet: sapevo che spesso gli insegnanti figurano nelle pagine del sito della propria scuola nell’orario ricevimento e speravo di trovarla.
Se l’ho cercata è perché stamattina mi è successo un fatto curioso: ero in sala professori… ebbene sì! Appunto, anche io sono diventata professoressa di lettere! Già allora lo desideravo e lo progettavo, ne era al corrente?
Stamattina dunque avevo con me il libro di storia del Liceo in modo da approfondire la lezione; in questi anni avevo sempre usato quello di mia sorella, quando ne avevo bisogno, forse per questo non mi è mai capitata sotto mano la pagina che ho fotocopiato e che le invio. La guardi: è l’ultimo foglio di questa lettera. Fatto? Allora? Che effetto le fa? Non ricordavo più di averla ritratta; appena ho visto quello schizzo ho trovato divertente inviarglielo. E’ incredibile come passa il tempo, vero? Stamattina stavo preparando per i miei alunni quella pagina che vent’anni fa lei ha preparato per noi.
Volevo gettare un ponte sopra il tempo.
A volte pare di avere bisogno di un messaggio dal passato per dare senso alle cose del presente ed ora so che da professori spesso non si vedono germogliare i semi che si piantano, che spesso si ha bisogno di un messaggero che ritorni a raccontarci, che ci dica che a qualcosa è servito. Eccomi qui.
Io la ritraevo durante la lezione. Forse questo significa che non ero sempre concentrata sui concetti storici, ma probabilmente significa anche che per me lei era un punto di riferimento.
Ricordo una verifica di Kafka in cui mi aveva dato 9; l’avevo preparata sul Guglielmino di quinta Liceo e quel voto mi aveva insegnato ad andare a fondo, a capire la letteratura, a cercare testi più approfonditi di quelli in uso. Ricordo che soffrivo di insonnia e un giorno avevo appoggiato la testa sul banco, lei girava tra di noi, avevo chiuso gli occhi e lei col libro aveva fatto la prova se fossi sveglia, facendo ridere la classe (anch’io avevo riso, non credo di aver mai più ceduto alla stanchezza in pubblico…). Ricordo un mio commento alla vigna di Renzo, anche quello apprezzato da lei, e che mi aveva insegnato il piacere dell’interpretazione critica di un testo letterario. Ricordo un’interrogazione di storia ben preparata e, in attesa del mio turno, durante l’interrogazione del compagno, ripreparata dal punto di vista formale-lessicale: 8 e mezzo, che mi aveva insegnato come la forma valorizzi il contenuto e come valga la pena di approfondire ulteriormente una preparazione già ritenuta buona.
Ecco, torno per raccontarle alcuni semi che hanno dato i loro frutti, così, se lavorare a volte è difficile, potrà cercare qui un po’ di energia: dopo tutto, il nostro è un bellissimo lavoro, non è vero?
Con affetto