Mi sono imbattuto nella storia di Jacques Fesch, un ragazzo francese, un ragazzo come tanti. Benestante, svogliato, ha sempre condotto una vita fatta di desideri materiali e poco più: macchine, donne, viaggi. Dilapida il patrimonio familiare e si riduce a rubare, fino a commettere un omicidio quasi involontario durante una rapina.
Incarcerato e condannato a morte comincia a leggere. Divora libri.
Strano a dirsi, lui che non aveva mai voluto studiare e vagava libero con la sua mente durante le ore scolastiche. attraverso la lettura comincia a conoscere la vita: i caratteri, le passioni, i desideri, le possibilità di abiezione e di salvezza, la grandezza e la miseria del cuore umano. Legge perfino la Divina Commedia. Ritrova Dio.
"Ho fatto il conto quest'anno" - scrive alla moglie - "di aver divorato duecentocinquanta libri, senza contare le riviste o altro. Non c'è male. Ancora due o tre anni e sarei una biblioteca ambulante".
Si accorge di un terribile paradosso: ha avuto tra le mani la vita reale e ha vissuto di fantasie effimere; ora ha tra le mani la vita altrui - sia pure raccontata - e comincia a comprendere la realtà. Ricorda il tempo sciupato a scuola - quando credeva che libri e letture non servissero a nulla, perchè aveva fretta di vivere - e si accorge che proprio allora con la sua indolenza e passività, col suo rifiuto della scuola, aveva cominciato a distaccarsi dalla vita.Strano a dirsi, lui che non aveva mai voluto studiare e vagava libero con la sua mente durante le ore scolastiche. attraverso la lettura comincia a conoscere la vita: i caratteri, le passioni, i desideri, le possibilità di abiezione e di salvezza, la grandezza e la miseria del cuore umano. Legge perfino la Divina Commedia. Ritrova Dio.
"Ho fatto il conto quest'anno" - scrive alla moglie - "di aver divorato duecentocinquanta libri, senza contare le riviste o altro. Non c'è male. Ancora due o tre anni e sarei una biblioteca ambulante".
Viene ingiustamente giustiziato dopo tre anni di carcere all'età di 27 anni (1957), muore pentito e sereno, felice di avere trovato Dio e il senso della sua vita: tra le sbarre.
Mi ha colpito il paradosso testimoniato da questa vita: chi legge entra nella realtà, chi non legge ne fugge. Un uomo libero che costruisce una prigione con la sua libertà senza direzione, un uomo in prigione che trova la vera libertà. Solo chi coltiva la propria intimità e le dà spazio scopre il luogo in cui: si fanno le scelte decisive, si respira la vera libertà, si scopre il senso della vita.
4 commenti:
fantastik.. m
Davvero bello Prof. Passare da queste parti è sempre una bella esperienza, ed a me piace ripetere le belle esperienze... Un caro saluto.
Bellissima storia!
Grazie mille.
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