Lo spirito del blog - La vita: commedia o tragedia?

Questione di inquadrature. La commedia è la vita in campo lungo e la tragedia la vita in primo piano. Se inquadri da lontano un uomo che cammina per strada e scivola su una buccia di banana, è divertente. Ma se ti avvicini, non è più divertente perchè si vede il dolore... Per comprendere la mia vita e quella altrui mi sforzo di osservare sempre attraverso la doppia inquadratura... Così quando prendi qualcosa troppo sul serio riesci magari anche a riderne e a conservare il buon umore... E invece quando prendi qualcosa troppo poco sul serio scopri che devi fermarti e comprenderla...

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mercoledì 26 novembre 2008

Ai (miei alunni) meravigliosamente imperfetti

Alunnatimida, come se fosse una colpa, alla fine della lezione mi dice: "Prof mi scusi se non riesco a parlare davanti agli altri, sono timida...". (Naturalmente non si trattava di un'interrogazione e l'alunna aveva parlato perfettamente).
Sembra che, in questo mondo di urla mediatiche e spacconi impulsivi, i timidi (che spesso sono solo riservati) debbano chiedere scusa per la loro riflessività.
Mi è tornata in mente questa favola che amo molto.
Alunnatimida non cambiare!
***
Un giorno il vento trasportò lontano il seme di un fiore di campagna e lo depose vicino ad un vivaio pieno di fiori coltivati, perfetti, piantati per essere ammirati e comprati, tutti uguali e con i petali perfettamente identici.
Il terreno era buono, il clima ottimo e dal seme spuntò presto una piantina. Quando fu abbastanza grande, si guardò intorno e si disse: “Come sono piccola e brutta rispetto a quei fiori dal portamento così nobile! E come sono piene di imperfezioni anche le piantine che mi circondano! Voglio fare amicizia solo con i fiori perfetti!”.
E così cercò di parlare con loro e ogni giorno gli mandava dei messaggi col vento, ma i fiori perfetti non rispondevano mai: avevano troppi pensieri a occuparsi di sé per poterne avere anche per un fiore di campagna così diverso e poco appariscente. Ma la nostra piantina ne soffrì moltissimo e ne fu tanto umiliata che invece di seguire il suo progetto, che era di quello di essere un bel fiore spontaneo e vigoroso, decise di diventare un fiore coltivato, come quelli che vedeva da lontano nel vivaio e che non volevano essere suoi amici.
“Devo essere perfetta” si disse allora. “Non devo sbagliare proprio in nulla!”. E si mise alla ricerca della perfezione, pretendendo sempre di più da sé e dal mondo che la circondava. Ma per fare questo dovette amputare tutti i suoi germogli più vigorosi, come aveva visto fare al potatore con i fiori coltivati, che per poter essere venduti dovevano essere tutti uguali e senza anima, altrimenti l'anima li avrebbe resi unici e diversi.
E così, giorno dopo giorno, la piantina cercò di imitare sempre di più i fiori dal portamento nobile e tutte le sue energie erano dedicate a questo sforzo.
Ma amputa oggi, amputa domani, alla fine si ritrovò senza più rami. Si guardò intorno e vide le altre piantine del prato: erano tutte cariche di rami, di foglie, di fiori, di frutti. Le farfalle vi si posavano, le api andavano e venivano col loro carico di nettare, il vento scivolava scherzoso facendole ondeggiare nella brezza.
“Ma qui c'è la vita!” si disse all'improvviso con grande sorpresa. “Ognuno è contento di essere sé stesso insieme agli altri!”.
La piantina ebbe una stretta al cuore e guardò i suoi rami più vigorosi che giacevano a terra secchi da quando lei li aveva amputati. Guardò le altre piantine del campo che la circondavano e le vide come erano, nessuna perfetta, ma tutte diverse l'una dall'altra. Ognuna era unica perché aveva un'anima, unica anche lei, che bisbigliava nel vento raccontando la sua storia e quelle della terra nel corso del tempo e nessuna era uguale ad un'altra.
Allora una lacrima scese silenziosa lungo il suo stelo: si fermò nel punto dove c'era una vecchia ferita da ramo amputato e da lì a poco a poco spuntò un nuovo germoglio.
La piantina lo guardò felice: da quel giorno ne ebbe molta cura e ritornò ad essere un fiore spontaneo e ad amare il prato che la circondava, carico di vita, sempre uguale e sempre diversa, come è sempre successo, da che mondo è mondo, dall'inizio degli inizi di tutti i cicli del tempo.

"Alla ricerca della bellezza assoluta",
in Il bambino perduto e ritrovato di Alba Marcoli

domenica 1 giugno 2008

Contro la perfezione

Prof 2.0 ha scoperto che gli indiani navajo di proposito lasciano sempre nei loro tappeti e in altri manufatti una tenue imperfezione, un punto di più o un grumo di argilla, per non mettersi in competizione con gli dei. Gli è così tornata in mente una canzone (aggiunta nell'ipod) suggerita da una cittadina di Shit City, dal titolo Costruire: ...ma tra la partenza e il traguardo / nel mezzo c'è tutto il resto / e tutto il resto è giorno dopo giorno / e giorno dopo giorno è / silenziosamente costruire / e costruire è sapere / e potere rinunciare alla perfezione...
E siccome un pensiero tira l'altro è riaffiorato il passo di quel libretto straordinario e anonimo Sul sublime, che riteneva fonte di bellezza sublime la calda grandezza, ricca di imperfezioni (e quindi tutta umana), di Omero e della Bibbia, piuttosto che la fredda impeccabilità di altri autori, che si perdono in minuzie, e che infatti non leggiamo...

Perfectum è una specie di superlativo del verbo fare, ciò che è portato a termine fino in fondo. Potremmo dire fattissimo se non suonasse ambiguo... Quel fondo da raggiungere (purchè questa non diventi una scusa per coprire la propria mancanza di impegno) a volte è imposto da canoni che stranamente nessuno mette mai in discussione, ma che spesso sono disumani: la donna perfetta è/ha..., l'uomo perfetto è/ha..., il lavoro perfetto..., la casa perfetta..., il marito perfetto..., la moglie perfetta..., l'amore perfetto..., l'amico perfetto..., il vestito perfetto..., la serata perfetta..., la festa perfetta...
La perfezione è dono, altrimenti diventa condanna. Come avviene per le opere d'arte, che la raggiungono inaspettatamente, attraverso le imperfezioni della materia che resiste: la pietra, i colori, le parole...
La loro perfezione infatti è grazia, che supera le imperfezioni di quella pietra, di quel colore, di quelle parole e che misteriosamente brilla grazie a quella pietra, quel colore, quelle parole... quella carne, se l'opera d'arte è la vita!