Rileggo alcune pagine del Don Chisciotte di Cervantes. E forse intuisco meglio la grandezza di questo romanzo. Il segreto è considerare Don Chisciotte e Sancio Panza uno stesso personaggio, o l'uno il miglior conversatore dell'altro: senza l'uno l'altro non è capace di ascoltare sè stesso. Da un lato l'angelo che si nutre delle sue convinzioni teoriche, dall'altro l'animale che non riesce a sollevarsi dal dato sensibile. Separati finiscono inevitabilmente a gambe all'aria. Ci fanno ridere entrambi, e ci fanno ridere entrambi "presi insieme", perché anche noi oscilliamo tra la bestia e l'angelo, e siamo ridicoli tutte le volte che ci sbilanciamo da un lato o dall'altro.
E troviamo pace solo quando accettiamo la bestia e scopriamo che può volare come un angelo.
Per grazia ricevuta.
Per grazia ricevuta.
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“Giudichiamo che l’uomo sia la cosa più preziosa dell’universo e l’essere più saggio di tutti. Invece egli sta in mezzo tra gli dei e le bestie e inclina verso gli uni e verso le altre: alcuni assomigliano agli dei, altri alle bestie, la maggioranza sta nel mezzo... e occupa quel posto medio che ha scelto" (Plotino, Enneadi)