Alunnatimida, come se fosse una colpa, alla fine della lezione mi dice: "Prof mi scusi se non riesco a parlare davanti agli altri, sono timida...". (Naturalmente non si trattava di un'interrogazione e l'alunna aveva parlato perfettamente).
Alunnatimida non cambiare!
Sembra che, in questo mondo di urla mediatiche e spacconi impulsivi, i timidi (che spesso sono solo riservati) debbano chiedere scusa per la loro riflessività.
Mi è tornata in mente questa favola che amo molto.Alunnatimida non cambiare!
***
Un giorno il vento trasportò lontano il seme di un fiore di campagna e lo depose vicino ad un vivaio pieno di fiori coltivati, perfetti, piantati per essere ammirati e comprati, tutti uguali e con i petali perfettamente identici.Il terreno era buono, il clima ottimo e dal seme spuntò presto una piantina. Quando fu abbastanza grande, si guardò intorno e si disse: “Come sono piccola e brutta rispetto a quei fiori dal portamento così nobile! E come sono piene di imperfezioni anche le piantine che mi circondano! Voglio fare amicizia solo con i fiori perfetti!”.
E così cercò di parlare con loro e ogni giorno gli mandava dei messaggi col vento, ma i fiori perfetti non rispondevano mai: avevano troppi pensieri a occuparsi di sé per poterne avere anche per un fiore di campagna così diverso e poco appariscente. Ma la nostra piantina ne soffrì moltissimo e ne fu tanto umiliata che invece di seguire il suo progetto, che era di quello di essere un bel fiore spontaneo e vigoroso, decise di diventare un fiore coltivato, come quelli che vedeva da lontano nel vivaio e che non volevano essere suoi amici.
“Devo essere perfetta” si disse allora. “Non devo sbagliare proprio in nulla!”. E si mise alla ricerca della perfezione, pretendendo sempre di più da sé e dal mondo che la circondava. Ma per fare questo dovette amputare tutti i suoi germogli più vigorosi, come aveva visto fare al potatore con i fiori coltivati, che per poter essere venduti dovevano essere tutti uguali e senza anima, altrimenti l'anima li avrebbe resi unici e diversi.
E così, giorno dopo giorno, la piantina cercò di imitare sempre di più i fiori dal portamento nobile e tutte le sue energie erano dedicate a questo sforzo.
Ma amputa oggi, amputa domani, alla fine si ritrovò senza più rami. Si guardò intorno e vide le altre piantine del prato: erano tutte cariche di rami, di foglie, di fiori, di frutti. Le farfalle vi si posavano, le api andavano e venivano col loro carico di nettare, il vento scivolava scherzoso facendole ondeggiare nella brezza.
“Ma qui c'è la vita!” si disse all'improvviso con grande sorpresa. “Ognuno è contento di essere sé stesso insieme agli altri!”.
La piantina ebbe una stretta al cuore e guardò i suoi rami più vigorosi che giacevano a terra secchi da quando lei li aveva amputati. Guardò le altre piantine del campo che la circondavano e le vide come erano, nessuna perfetta, ma tutte diverse l'una dall'altra. Ognuna era unica perché aveva un'anima, unica anche lei, che bisbigliava nel vento raccontando la sua storia e quelle della terra nel corso del tempo e nessuna era uguale ad un'altra.
Allora una lacrima scese silenziosa lungo il suo stelo: si fermò nel punto dove c'era una vecchia ferita da ramo amputato e da lì a poco a poco spuntò un nuovo germoglio.
La piantina lo guardò felice: da quel giorno ne ebbe molta cura e ritornò ad essere un fiore spontaneo e ad amare il prato che la circondava, carico di vita, sempre uguale e sempre diversa, come è sempre successo, da che mondo è mondo, dall'inizio degli inizi di tutti i cicli del tempo.
E così cercò di parlare con loro e ogni giorno gli mandava dei messaggi col vento, ma i fiori perfetti non rispondevano mai: avevano troppi pensieri a occuparsi di sé per poterne avere anche per un fiore di campagna così diverso e poco appariscente. Ma la nostra piantina ne soffrì moltissimo e ne fu tanto umiliata che invece di seguire il suo progetto, che era di quello di essere un bel fiore spontaneo e vigoroso, decise di diventare un fiore coltivato, come quelli che vedeva da lontano nel vivaio e che non volevano essere suoi amici.
“Devo essere perfetta” si disse allora. “Non devo sbagliare proprio in nulla!”. E si mise alla ricerca della perfezione, pretendendo sempre di più da sé e dal mondo che la circondava. Ma per fare questo dovette amputare tutti i suoi germogli più vigorosi, come aveva visto fare al potatore con i fiori coltivati, che per poter essere venduti dovevano essere tutti uguali e senza anima, altrimenti l'anima li avrebbe resi unici e diversi.
E così, giorno dopo giorno, la piantina cercò di imitare sempre di più i fiori dal portamento nobile e tutte le sue energie erano dedicate a questo sforzo.
Ma amputa oggi, amputa domani, alla fine si ritrovò senza più rami. Si guardò intorno e vide le altre piantine del prato: erano tutte cariche di rami, di foglie, di fiori, di frutti. Le farfalle vi si posavano, le api andavano e venivano col loro carico di nettare, il vento scivolava scherzoso facendole ondeggiare nella brezza.
“Ma qui c'è la vita!” si disse all'improvviso con grande sorpresa. “Ognuno è contento di essere sé stesso insieme agli altri!”.
La piantina ebbe una stretta al cuore e guardò i suoi rami più vigorosi che giacevano a terra secchi da quando lei li aveva amputati. Guardò le altre piantine del campo che la circondavano e le vide come erano, nessuna perfetta, ma tutte diverse l'una dall'altra. Ognuna era unica perché aveva un'anima, unica anche lei, che bisbigliava nel vento raccontando la sua storia e quelle della terra nel corso del tempo e nessuna era uguale ad un'altra.
Allora una lacrima scese silenziosa lungo il suo stelo: si fermò nel punto dove c'era una vecchia ferita da ramo amputato e da lì a poco a poco spuntò un nuovo germoglio.
La piantina lo guardò felice: da quel giorno ne ebbe molta cura e ritornò ad essere un fiore spontaneo e ad amare il prato che la circondava, carico di vita, sempre uguale e sempre diversa, come è sempre successo, da che mondo è mondo, dall'inizio degli inizi di tutti i cicli del tempo.
"Alla ricerca della bellezza assoluta",
in Il bambino perduto e ritrovato di Alba Marcoli
in Il bambino perduto e ritrovato di Alba Marcoli
15 commenti:
Penso proprio che sarà la prima favola che racconterò a Giulio
non appena sarà in grado di capire,
(e perchè no, anche a qualche adulto),grazie!
Papà
In questo mondo che ci vuole tutti uguali è una sfida trasmettere che dono sia l'essere unici. I bambini se sono diversi soffrono. E allora deve esserci una via di saggezza che li porta attraverso la solitudine dell'essere unici senza per questo sentirsi diversi. E' una delle cose che in questo periodo ci fa interrogare di più come genitori...
A presto.
Fioridiarancio
Baffo: tutto merito di mamma e.r.Grazie a lei ho conosciuto questa favola.
Fioridiarancio: molto interessante. L'importante è che questa unicità non porti alla triste solitudine dei numeri primi. Ognuno unico, ma con l'aiuto e l'apporto degli altri. Quello che manca nella favola forse è l'apporto dell'amicizia.
E' difficile essere fiori perfetti , ma è anche difficile essere fiori spontanei!!!
Cara fiordarancio, essendo padre di 6 figli, tutti adulti e tutti positivamente diversi l'uno dall'altro, vorrei tranquillizzarti
un po' dicendoti che l'educare è senz'altro una sfida che va accettata e portata avanti con continuità e allegria, anche se spesso comporta sacrificio, cercando di formare l'intimità dei nostri figli dando a ciascuno di essi ciò di cui hanno bisogno, e non a tutti la medesima cosa.
E' così che si vanno sviluppando in loro , arricchendone l'interiorità, quelle capacità che li renderà uomini adulti in grado di relazionarsi e di comunicare con gli altri in piena libertà, senza sentirsi diversi, pur mantenendo la loro originalità.
Si educa "nella" diversità e non "alla" diversità.
Educare è un'arte e l'artista crea opere uniche ed irripetibili.
Ognuno di noi deve esser conscio della ricchezza della sua persona, in valori e sentimenti, per poterli donare gratuitamente agli altri . Sono sicuro che così ogni nostro figlio avrà molti amici e non sentirà la solitudine della sua
"naturale" diversità.
La solidarietà con gli altri è frutto della libera relazione di persone originali che mettono a disposizione la loro interiorità per il perseguimento del bene comune. Se così non fosse non sarebbero persone libere ma vittime di un'educazione massificante che li renderebbe anonimi ed infelici. E' l'essere se stessi che porta alla felicità e ci mette al riparo da una vita globalizzata e disumanizzata per volere di alcuni gruppi di opinione.
Scusami se mi sono lasciato prendere la mano, ma l'argomento mi sta molto a cuore.
Spero di risentirti presto, anche sul mio blog.
Un saluto, Baffo
Come sempre i post sortiscono effetti non previsti. Grazie a tutti.
Gent.Sig.Baffo non sono d'accordo con lei,la diversità è faticosa e non procura amici!Lo so bene anzi lo sappiamo bene!I nostri figli (14/16/18/20 anni)non hanno mai visto i Simpson,né i reality,non dicono"parolacce",ci amano e rispettano,hanno degli hobby diversi dai soli videogiochi,a qualcuno piace anche leggere e studiare per conto proprio,naturalmente per propria scelta!Le assicuro che ciò non porta amici,neanche dagli adulti che li guardano straniti!Essere diversi non è facile!Ma come gli dico sempre il simile attira il proprio simile,bisogna vedere con chi una persona vuole diventare amico!I genitori non creano ,secondo me, in ognuno c'è il seme di qualcosa e il genitore deve poter aiutare questo seme di qualcosa a crescere e svilupparsi.
Essere se stessi non porta alla felicità ,ma alla soddisfazione di sé come persona,ma è una strada difficile e faticosa!Come è più facile uniformarsi e confondersi con la massa!Anzi più uno è uniformato ,più ha successo! La solitudine è la compagna della diversità.Inoltre è dura per un ragazzo essere conscio della ricchezza della sua persona,quando intorno non c'è "simpatia "per il diverso,né comprensione da parte degli "adulti"!E i valori e sentimenti, agli altri non interessa averli in dono,sono parole rare e spesso ignorate.Come l'educazione e la gentilezza!
Complimentissimi a lei e a sua moglie che siete riusciti ad educare figli diversi,solidali e altruisti!
Cara Vanda, ti ringrazio per il tuo commento che ho letto con molta attenzione.
Vorrei innanzitutto chiarire che cosa io intendo per diversità, per darti una chiave di lettura più benevola su ciò che ho scritto.
Ognuno di noi è una persona(mente e cuore)differente dall'altra, alla
nascita semplicemente per il DNA, che con la crescita e l'educazione
che riceve assume i suoi propri connotati che la rendono appunto unica ed irripetibile. Guai se così non fosse. Sarebbe un mondo di persone massificate, come polli in batteria.
Questa unicità della persona è quindi "normalità". Non esiste la razza dei diversi ma la razza dei normali, quella si.
Quindi per me diversità vuol dire semplicemente normalità.
E' normale poi che ognuno di noi, figlio o genitore che sia, in qualsiasi epoca e in qualunque contesto sociale "soffra la propria normalità", cioè l'essere
coerente fino in fondo con se stesso. Infatti l'accettazione da parte dell'altro, proprio perchè differente non è scontata.
L'apertura all'altro quindi, donando ciò che è patrimonio di ognuno di noi(quella che ho definito come ricchezza interiore),
sarà ciò che prima o poi farà sbocciare l'amicizia. Non bisogna avere il complesso di essere differenti dagli altri e quindi non accettati. Siamo tutti della stessa pasta. Se è vero che abbiamo bisogno di essere accettati è altrettanto necessario che siamo noi ad accettare gli altri così come sono, senza troppi distinguo.
Quanto ai miei figli(Prof 2.0 è uno di questi), ti posso assicurare
che non sono affatto dei marziani;
con loro non ho usato metodi pedagogici particolari se non che il buon senso e l'amore, radicati
s'intende nella verità e nei valori fondanti dell'uomo; ma non li ho cero tenuti al riparo da videogiochi, parolacce, Simpson, reality ed altro, sempre chiaramente nei limiti del lecito sia qualitativo che quantitativo.
Attenzione che spesso siamo noi a fare dei nostri figli dei diversi e quindi degli emarginati, nell'ansiosa preoccupazione di proteggerli dal mondo che sta loro intorno, privandoli così di spontaneità e naturalezza.
La famiglia deve essere per definizione "centro di intimità e di apertura agli altri, e non di chiusura. Niente campane di vetro.
Un'ultima notazione: secondo me avverto nelle tue parole una certa vena di pessimismo; non nego che avere relazioni con gli altri, cioè fare amicizie genuine, oggi sia abbastanza difficile, ma questa è la sfida che ci impone l'educazione dei nostri figli nella
donazione di se agli altri, che va portata avanti con ottimismo e allegria.
Al di là di tutto ciò, siamo entrambi genitori e quindi facciamo il tifo, seppur con sfumature diverse, essendo appunto differenti, per la stessa squadra.
A risentirci, Baffo.
Grazie sig.Baffo della sua risposta!Ci mediterò!!!
Volevo solo puntualizzare che noi non li abbiamo tenuti al riparo da certe "brutture"(mi riferisco a certi programmi televisivi e certi comportamenti)sono loro che naturalmente se le sono evitate.
Inoltre non li teniamo in una campana di vetro,anzi li abbiamo sempre spinti ad andare e conoscere.
Purtroppo dietro ogni storia ci sono delle esperienze ,che qui non si può raccontare,che determinano l'atteggiamento e il comportamento.
Poi mi scusi ,ma a volte diversità può essere anche qualcosa di concreto.
Senz'altro lei e sua moglie avrete qualcosa da insegnare avendo avuto una meravigliosa famiglia.
Ho letto con attenzione e ho cercato di non vedere situazioni conosciute, come se Baffo e Vanda parlassero di famiglie assolutamente teoriche, a me lontane. Ho notato che sono d'accordo con tutti, non sono cose in contrasto , sono belle parole e soprattutto cose giustissime. Ma la cosa che si nota è che Baffo ha superato questa fase di crescita ed educazione dei figli e vive ormai di cose consolidate e perciò parla molto in generale di principi giustissimi e non del costo delle scelte e degli ostacoli incontrati per il raggiungimento di questo equilibrio, mentre dalle parole di Vanda traspare che è nel pieno di questo percorso ,dell'educazione e della crescita e formazione dei figli, analizza ancora gli atteggiamenti suoi e gli effetti sui figli stessi che sono ancora dinamicamente in movimento. E perciò traspare piu' pessimismo , piu' difficoltà , piu' ansia e rifiuto del "casuale" negativo che condiziona un figlio come fosse un'ingiustizia divina. Vanda è in piena lotta dove il cambiamento è attivo ogni giorno, mentre per Baffo , per quanto ogni persona sia in movimento, è sopraggiunto quell'equilibrio che ne fa vedere solo gli effetti positivi ,raggiunti con fatica, e non le difficoltà e le ansie che sicuramente sono costati a suo tempo.
E comunque hanno ragione tutti ma sono in due fasi diverse, sono comunque casi diversi, e ogni persona è un'altra cosa.
Allora io propongo di affrontare un tema un po' meno pratico e solo apparentemente piu' filosofico: quale è la definizione di "diverso"? Io direi avere gusti e abitudini che non corrispondono alla maggior parte delle persone e cosa peggiore alle loro aspettative!!!. Le piccole persone hanno da te delle aspettative che devono essere conformi al loro gusto, mentre le grandi persone hanno semplicemente da te delle aspettative e basta . Queste le rende grandi. Il problema , invece , è quali aspettative ognuno di noi ha di se stesso. Sente lui la sua diversità? Come la vive? Una persona matura inquadra in qualche modo questo problema, ma un ragazzo è in movimento , ogni giorno porta un piccolo cambiamento anche nella sua sicurezza e ciò che diventa la cosa più importante in questa fase è che le aspettative altrui non devono condizionare ed influenzare le nostre aspettative, riguardo a noi stessi. Questo è il segreto, è facile a dirlo, ma è difficile a farlo se sei in movimento e attenzione a non cadere nel problema opposto l'anticonformismo che diventa "normalità" se scelto per giustificare se stessi e non perchè ci si crede!!(ecco che ora la diversità è diventata un pregio nelle mie parole!) La diversità la creiamo prima in noi stessi, rovesciamo le situazioni ! Impariamo a bluffare nell'atteggiamento (e non nel pensiero) e convinceremo le piccole persone che la nostra diversità è migliore della loro "normalità". Ma allora se convincendoli ci sembra che vada tutto bene , non siamo più diversi??? Ma perchè ne parlo come se fosse negativa? Ma la diversità è positiva o negativa allora?? Ma devo veramente catalogarla o è tutto frutto di cercare una causa di qualcosa che non piace (la normalità degli altri,la non accettazione degli altri) o che forse piace (il modo di distinguerci dalla massa)? Forse basta veramente lavorare su se stessi e non pensare che il giudizio degli altri possa condizionare il nostro animo , perchè sicuramente comunque condizionerà le piccole cose della vita pratica e la maturità ci insegnerà che dovremo farcene un Baffo!!!!(che spiritoso!) Perciò noi per primi che siamo diversi dobbiamo accettare quei diversi dei normali.(i giochi di parole nella loro naturale assurdità ci fanno capire che nulla è reale , e forse sono solo giochi della nostra mente le definizioni e le catalogazioni) Ma non lo sono i loro effetti!!! E allora??... Non importa come si è , importa chi si è, importa la persona che esce da noi con tutte le sue manifestazioni e pensieri. Ad un amico perdoniamo le cose fatte male, un amico lo incoraggiamo perchè fa una cosa e non come la fa. Perciò non creiamo un muro tra la nostra diversità e la normalità si puo' camminare a fianco anche se diversi. Spero di avervi confuso ulteriormente le idee. Riflettete , riflettete..
"Colui che parla a vanvera."
Francamente, devo dire, gli ultimi commenti mi hanno un po' spiazzato e mi piacerebbe avere qualche chiarimento, sennò è comprensibile quello che dice Alessandro, che mi sembra un po' l'outsider.
Vanda e Baffo parlano di cose che convergono, solo con una terminologia diversa, e quindi chiederei soprattutto a Vanda una chiarificazione dell'ispirazione della sua educazione, perché cioè essere persone compiute, capaci di scelta... non credo che se si va in fondo, ciò che dite sia molto diverso.
Alessandro: vero, sembra si parli di famiglie teoriche, visto dall'esterno. E poi però mi lanci un argomento che più teorico non può essere, e allora finiamo sulla filosofia della diversità (che da filosofo studio da anni, ma penso sia completamente fuori da questo blog, come spirito e soprattutto non aiuti molto né Baffo né Vanda). Non che sia un argomento importante e non che non condivida con te l'esigenza di intendersi sulle parole...
Come nel caso di Vanda, in cui si mettono in contraddizione cose che per me non lo sono, nel tuo discorso (sempre ad Alessandro) si dice, scusami se sbaglio, che arrivati a una certa età la famiglia va in parcheggio e i figli sono salvi, si rompe la campana, etc. (l'idea che dalla stima della libertà e della diversità abbiano bisogno della campana, mi dispiace, è un presupposto pratico e teorico di molti genitori, che non è per nulla dimostrato, e denota a mio parere un certo scetticismo, comprensibile, sulla libertà e sulla stima della diversità).
La mia esperienza diretta è che la diversità (ma questo è già molto chiaro anche negli studi di sociologia e filosofia delle relazioni, che qui mettiamo saggiamente da parte) emerge spesso in fasi avanzate della vita familiare... i figli di Vanda non sembrano troppo piccoli, i figli di Baffo saranno grandi abbastanza da vedere che le scelte loro e dei loro genitori sono, per quanto riguarda la libertà e la diversità, elevati a potenza, più che al cubo: come trattare Baffo da nonno e allo stesso tempo da padre? Perché le favole che Baffo vuole raccontare al nipote sono migliori di quelle che vogliono suo figlio, o sua nuora? E che dire di chi Baffo ha educato e ora deve fargli notare che in qualcosa ha sbagliato? O di chi da Baffo è stato involontariamente schiacciato o si trova comunque a non aver potuto esprimere se stesso in quella famiglia? Insomma,
la diversità non è salvata dalle campane (crescendo, si dovrebbero e di fatto certe volte i figli vorrebbero costruire campane per proteggere i genitori) e non illudiamoci che andando avanti le cose si complicano, perché aumentano le fonti di diversità.
La campana da sola s'infrange, la diversità non è parola astratta.
Il problema è che la campana e la diversità sono parti di noi e spesso proiettiamo il nostro modo di rapportarci a esse al di fuori, nelle relazioni con gli altri. Nessuno di noi vive, come la pianticella, dentro una campana, e allo stesso tempo deve affrontare la diversità.
Detto questo, il problema mi sembra più di saggezza pratica e di conoscenza di sé e degli altri, piuttosto che di teorie generali. E anche di comunicazione e comprensione e consiglio (altre parole sulle quali non voglio mettermi, mamma mia il post è enorme, il Prof. mi bacchetterà per mancanza di sintesi e per essere uscito fuori tema).
In buona sostanza esistono le persone e le loro relazioni. La prima persona che esiste è la nostra, è questa la prima che deve crescere in libertà, autonomia, stima della diversità, stabilità (tema che preferisco alla campana, quanto aiuta la libertà prendere decisioni importanti, con gli elementi che si hanno e portarsene appresso le conseguenze,, chiudersi alcune porte dietro, i famosi vecchi riti di passaggio, quelli che mi rendono me stesso di fronte agli altri e diverso dagli altri)
Credo che in questa sezione del blog, si debbano chiarire le parole ma poi non mettere la realtà dentro un sistema che tutto debba comprendere nella sua apparente asetticità. Viva la diversità nelle famiglie. Insomma, non fate come ho fatto io :-)
screwball
Una risposta a caldo:
A Vanda: mi sto rendendo conto che siamo più affini di quanto si possa pensare a prima vista.
E' chiaro poi che diversità può essere qualcosa di concreto,o che vi possano esser dietro esperienze del tutto personali ed intime, ma non è naturalmente al caso concreto che mi riferisco nel commento,perchè mi mancano i dati,
ma alla problematica in generale.
Ad Alessandro: grazie per l'analisi puntuale e rigorosa che fai del dialogo fra me e Vanda, sono d'accordo con te; voglio solo aggiungere che quella tranquillità e quell'equilibrio che mi attribuisci per i risultati educativi conseguiti con sforzo,sono ancora di là da venire, come è logico che sia, poichè l'educazione dei miei figli, anche se adulti, non è ancora completata, poi c'è quella dei nipoti, ma sopratutto c'è quella che riguarda la mia crescita personale che penso non si esaurirà mai.
Per ciò che riguarda la seconda parte del tuo commento ho bisogno
di rifletterci un pò su, perchè il gioco dialettico delle tue parole, tipiche di un matematico quale sei, abituato a giocare coi numeri, mi ha un pò frastornato.
Ma penso che con qualche piccolo aggiustamento concorderemo anche su questo.
Del resto penso che alla parte teorica abbia abbondantemente e brillantemente risposto "screwball"
col suo commento precedente.
Permettimi una pacata e serena risata sotto i baffi!
A presto.
Ciao a tutti,cari compagni di post. Volevo chiarire acune cose per non essere frainteso. Io sono solito in queste cose nascondere dietro la superficialità qualcosa di più profondo, ma sono anche solito non mascherare le contraddizioni del pensiero che esistono in me e le mostro lasciando spesso perplesso il lettore mentre altre volte le cito per far concludere ad una persona esattamente quello che penso facendogli prendere coscienza di un percorso deduttivo che spero condivida. Pochi mi capiscono e ancora meno lo capiscono ma vi lascio ancora riflettere su quello che ho detto perchè sono convinto di non essere riuscito a trasmettere cio' che sentivo. Comunque ora mi interessava solo ribadire che ogni mio giudizio è per me solo un giudizio personale e mai mi erigo a giudice unico che conosce la verità assoluta. Inoltre io vivo le problematiche di educazione di Vanda quindi non so cosa arriverà dopo e non mi permetterei mai di dire a Baffo che ha finito questo compito e non ha piu' problemi. Volevo solo dire che Baffo non ha piu' i problemi dei figli dell'età di quelli di Vanda, ma ne ha altri sicuramente, vive i primi con piu' esperienza ed equilibrio mentre affronta i propri. Per ultimo non credo di avere fatto molta teoria perchè credo che vedere se stessi in mezzo agli altri sia la base di un modo di essere pratico che vuol dire vivere in tutti i suo aspetti positivi e negativi nel mondo. E dopo questo ultimo chiarimento auguro una buona notte a tutti e mi immergo superficialmente in un film della tv.
Ciao Alessandro, sedi forte e simpatico, spero che il film in TV sia stato piacevole, ti auguro una buona giornata, e a presto,
Baffo
Vedo che il post ha sollevato un bellissimo e interessante dibattito. Il tema quindi è caldo. Ci lavorerò su. E secondo me prima poi dovreste conoscervi... Grazie a tutti!
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